Claude Quétel - 2019
Nella storia del mondo le barriere politiche esistono fin dai tempi più antichi, ed è abbastanza eloquente che non siano mai state tanto numerose come ai giorni nostri. Muri imperiali come la Grande Muraglia o il Vallo di Adriano, muri di separazione come quello tra Israele e i Territori e la Striscia di Gaza, muri dei ghetti e di segregazione, muri «di contenimento» come quello che corre lungo il confine del Texas e del Messico, muri di difesa come la Linea Maginot, muri commemorativi, e tantissimi altri. Una lunghissima serie di muri, per controllare, limitare, escludere, proibire, corre e s’interseca senza quasi soluzione di continuità lungo tutta la storia umana, e il libro di Claude Quétel ne ripercorre le origini e talvolta la fine – come dimenticare la notte berlinese del 9 novembre 1989 e le picconate di gioia che iniziarono a scalfire il Muro? –, ne ricostruisce minuziosamente le vicende, ne rileva puntualmente le ferite dolorose e i danni talvolta insanabili, restituendoci con il suo sguardo una originale storia dell’umanità, consapevole che in attesa di un radioso avvenire senza barriere i muri hanno ancora, purtroppo, un brillante futuro.
È proprio la caduta del muro di Berlino, di cui ricorre oggi il 34^ anniversario, che mi ha spinto a scegliere questo libro per i miei brevi pensieri settimanali.
Purtroppo negli ultimi anni abbiamo visto un continuo aumentare di muri, muri che dividono, muri che cercano di dividere i primi dagli ultimi, i ricchi dai poveri, i buoni dai “cattivi”.
Mi chiedo se mai l’umanità troverà una soluzione che la porti a vivere in pace, in armonia, senza lotte ne prevaricazioni. Senza muri.
Per mia natura sono piuttosto pessimista e pertanto fatico a guardare il prossimo futuro con serenità d’animo.
Spesso però mi chiedo: io personalmente quale contributo posso dare affinché quel futuro possa realizzarsi?
Non lo so, spesso mi sento impotente e anche un po’ in colpa per la mia mancanza di contributo ad un mondo migliore.
Sono consapevole del fatto che sto correndo il rischio di autocelebrarmi e di risultare anche un po’ antipatica o saccente o forse un po’ troppo piena di me stessa. Pazienza, penso ne possa valere la pena.
Nel mio piccolo, nel mio tran-tran quotidiano, nelle mie sveglie antelucane, anche nella mia incommensurabile fatica che a fine giornata mi fa crollare guardo me stessa, guardo l’attività a cui ho dato vita quasi quindici anni fa e che grazie allo straordinario apporto di Ilaria prosegue; penso alle nostre fanciulle che da noi hanno trovato un lavoro stabile, un lavoro che permette loro di programmare un futuro, un posto di lavoro “vero” insomma ed anche, questo è quello che spero e mi auguro di interpretare anche i loro sentimenti, un ambiente sereno e famigliare.
Poi penso alle tante persone che ci frequentano e per le quali Pasticceria Su Misura è diventata luogo d’incontro, di scambio, di amicizia.
Certo, non abbatto i troppi muri che si stanno innalzando, non faccio smettere le troppe guerre che si stanno combattendo, non riesco a rendere il mondo migliore. Sono però felice di quello faccio e soprattutto di come lo faccio. E se ho tanti pensieri, come naturale che una piccola attività come la nostra produca, penso anche che sto facendo del mio meglio per fare di quel piccolo mondo che ogni giorno si anima attorno a me qualcosa di bello, dolce, confortevole.
Nessun commento:
Posta un commento