Tahar Ben Jelloun- 1985
La nascita di Mohamed è festeggiata con grande clamore e sfarzo dal padre Hadj Ahmed: finalmente, dopo sette figlie femmine, è arrivato un maschio. Quella che sembrava una maledizione che impediva alla sua casa di avere un erede è finita, ma soprattutto sono state sventate le mire dei fratelli al suo patrimonio. Sarebbe tutto perfetto, se Mohamed fosse veramente un maschio. Invece è nato femmina e solo per volere del padre crescerà e verrà educato come un uomo, abituato fin dall’infanzia a essere il prossimo capofamiglia, colui che regge la casa e la servitù. Mohamed Ahmed, nonostante il prestigio della sua posizione, dovrà fare i conti per tutta la vita con un’identità fittizia, frutto di una metamorfosi coatta, che non tiene conto del carico di violenze, rimozioni, rinunce e sofferenze che ne derivano e che lo porteranno a un’esistenza di solitudine e incomprensione. Un romanzo intenso in cui la forza della scrittura è al servizio di una storia dolorosa e complessa che racconta – attraverso le voci di vari narratori, come in una favola mediorientale – il dramma della vita del protagonista.
Questo libro mi fu regalato diversi anni fa e io lo lessi tutto d’un fiato e, come spesso mi capita, mi innamorai del suo autore leggendone pressoché tutta la produzione.
Ho pensato a questo libro, sperando di riuscire a trasmettervi i percorsi mentali che mi hanno spinto a proporvelo, partendo dai concetti apparenza-essenza, forma-sostanza, essere-apparire.
Ho provato a riportare queste coppie ai miei dolci per raccontarvi ciò che a volte succede.
Partiamo dal presupposto basilare che un dolce deve essere preparato con ingredienti buoni e sani, lavorati con sapienza e con amore e il risultato deve essere buono, digeribile e di cui si serba la profonda nostalgia di un futuro assaggio.
Certamente un buon dolce deve anche presentarsi bene, essere gradevole alla vista, attirare la nostra attenzione, far lavorare le nostre papille gustative ancora prima di aver morso il primo boccone.
Le due cose sono entrambe importanti; è pur vero che, personalmente, tra un dolce bellissimo e super scenografico ma deludente da un punto di vista gustativo, certamente preferisco il dolce magari meno appariscente ma decisamente buono.
Nei miei lunghi anni di esperienza ho visto come la pasticceria si evolva, segua le mode, insegua i gusti del popolo “social”, però io credo che sia importante restare fedeli a se stessi e alle proprie convinzioni. Il laboratorio di Pasticceria Su Misura ha prodotto moltissime torte decorate con pasta di zucchero, con decorazioni a tema, foto cake, nastri e fiocchi. Per evitare il gusto stucchevole di una copertura di zucchero perfetta ma troppo spessa abbiamo accettato piccole imperfezioni. Abbiamo creato dolci e pasticcini come la ormai mitica Rubino o come il frollino panna cotta (il mio preferito). Abbiamo iniziato a produrre macaron quando in Italia è scoppiata la moda (a seguito dell’apertura del primo negozio “Laduré” a Milano) e continuiamo produrne tantissimi, rigorosamente a mano e mai davvero uguali uno all’altro.
Abbiamo iniziato a proporre le Cream Tart con grande successo, torte scenografiche e buonissime e ciascuna unica a modo suo, a modo nostro.
Non abbiamo mai fatto, pur avendone purtroppo ricevuto richiesta (per fortuna rara), torte “volgari” con decori che potete immaginare per fantomatici addii a celibati e nubilati. E anche se stanno prendendo un po’ piede, ahimè, eviteremo torte “volutamente brutte” perché, a mio avviso, anche questo è un modo di dar peso solo all’apparenza e non alla sostanza.
Ancora oggi rimango perplessa quando ci chiedono torte che abbiano un certo determinato aspetto senza che il committente abbia la minima preoccupazione del contenuto. Certamente serve apparire ma per noi fondamentale è essere, essere noi stesse, con la nostra idea di dolce, con il nostro stile, con la filosofia racchiuse nel nostro nome: Pasticceria Su Misura.
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